Non ci troverete lì. Perché ci teniamo a restare coerenti. COMUNICATO STAMPA

Napoli, 04/07/2025

A volte il problema non è il corteo, ma la direzione in cui marcia.
E Napoli lo sa, perché ha imparato — sulla pelle e nella storia — che non ogni sfilata è liberazione, e che non ogni applauso è giustizia.

Per questo, con la sobrietà di chi ha già preso parte a mille battaglie ma non ha perso la capacità di vergognarsi, diciamo che non parteciperemo al Napoli Pride 2025.
Lo diciamo senza rabbia ma senza equivoci, senza proclami ma con fermezza. E no, non è per “boicottare il Pride”. È per salvarlo da chi lo sta svuotando di senso, riducendolo a un evento da palco, con luci pagate anche coi soldi di chi oggi piange i figli seppelliti sotto le macerie di Gaza.

Perché il problema, care e cari, non è il Pride. Il problema è chi ci sale sopra per fare carriera, per dissimulare, per promuoversi — con la stessa leggerezza con cui si partecipa, in gran segreto, a una missione diplomatica organizzata da un governo accusato formalmente di genocidio, e si torna dicendo di essersi “sentiti al sicuro”.
Sicuri, sì. Come chi sta nel palchetto mentre il mondo brucia.

E non una parola pubblica per spiegare. Nessuna conferenza stampa, nessuna assunzione di responsabilità.
Nessuno ha detto chi ha mandato quella delegazione, chi l’ha ricevuta, chi ha pagato i voli, chi ha scelto di rappresentare un’intera comunità senza nemmeno avvisarla. Eppure, parliamo di una persona che guida un’Arcigay cittadina e contemporaneamente presiede un Osservatorio Regionale istituzionale. Diciamocelo: è un conflitto d’interessi talmente grande che nemmeno la bandiera arcobaleno riesce a coprirlo.

Nel frattempo, si prepara il Pride ufficiale. Il “Napoli Pride” — con tanto di palco, co-patrocini, sponsor, e una piazza concessa in uso gratuito compresi gli allestimenti da grande evento. E  poi l’assenza di una evidenza pubblica!

 
E qui comincia la vera tragedia: una festa che spazza via tutto con i coriandoli, che trasforma una domanda scomoda in un invito VIP, che svuota la parola “lotta” lasciandoci solo la parola “evento”.

Per questo, e lo diciamo chiaramente, ci appelliamo alle artiste e agli artisti invitati ad esibirsi sabato:
Fermatevi. Non per disprezzo, ma per rispetto.
Astenetevi da un palco
che è stato organizzato da chi non ha ancora detto perché ha scelto di partecipare a una missione con chi bombarda civili, né ha spiegato perché tutto doveva rimanere nascosto.
Vi stanno chiedendo di legittimare con la vostra voce una versione dei fatti che è stata cucita a porte chiuse e che ora vuole essere stirata sotto i riflettori. Non fatelo.

E che dire delle Istituzioni? Silenziose.
Silenziose sul bilancio, silenziose sulla trasparenza, silenziose sulla logica con cui si regalano spazi, visibilità e patrocini a chi confonde attivismo con gestione del consenso.
Eppure Napoli ha uno statuto, e in quello statuto c’è scritto che rifiutiamo la guerra. Non: “la guerra, ma con lo sconto.”

E la CGIL? Da una parte esprime solidarietà al popolo palestinese, dall’altra parte si fa fotografare dietro al carro di chi racconta che Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente.
Democrazia, forse. Ma per chi?

Noi, invece, c’eravamo già.
Eravamo al Pride Arrevutamm, il 28 giugno, insieme a corpi migranti, soggettività transfemministe, collettivi queer, famiglie disobbedienti e artisti liberi.
Siamo rimasti senza parole nel vedere che alcune delle stesse realtà che marciavano al nostro fianco hanno scelto ora di partecipare anche alla parata ufficiale. Capita: la coerenza è un lusso che costa, e non sempre lo si può pagare.

E mentre gli inviti si moltiplicano, noi scegliamo di non esserci. Non perché il Pride non sia nostro, ma perché non ci prestiamo a farlo diventare qualcos’altro.

Il 5 luglio, dunque, non saremo in corteo con chi ha scelto il silenzio.
Saremo invece il 6 luglio alla manifestazione “A Life for Gaza”, dove l’arcobaleno non serve a coprire il sangue, ma a ricordarci che ogni diritto parte dal diritto di non essere uccisi.

Infine, chiediamo tre cose semplici:

– Che il Comune di Napoli verifichi e pubblichi ogni dettaglio dei fondi stanziati per il Pride, e che valuti il ritiro dei patrocini se ne vengono disattesi i valori;
– Che la Regione Campania sospenda ogni relazione con lo Stato d’Israele finché la giustizia internazionale non avrà fatto il suo corso;
– Che Napoli apra finalmente una Casa del Pride PEACE, uno spazio pubblico accessibile, trasparente, in cui la parola “orgoglio” significhi ancora prendersi cura.

Perché se esiste una direzione da prendere, è quella in cui non si baratta la dignità per la visibilità.

i Ken APS ETS | Napoli – Avellino
Carlo Cremona – Presidente
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