Aldo Masullo su NOZZE GAY a Napoli

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dal profilo FB di Fortuna Longobardi: ALDO MASULLO Nozze gay, falso problema tutelare il diritto all’amore. II sindaco di Napoli ha annunciato di essere pronto a «trascrivere i matrimoni gay contratti all’estero da coppie omosessuali residenti in città». Il primo e serio dubbio su tale decisione non è la sua compatibilita con l’ordinamento italiano, che pur codifica tuttora l’istituto del matrimonio spargendo qua e là negli articoli riferimenti alla differenza sessuale dei coniugi. Invero, nonostante tali residui legislativi, la caducità dell’attuale limitazione risulta ormai solennemente ammessa, tra l’altro, dalla Corte di Cassazione in una sentenza del 15 marzo 2012, giustamente considerata «storica»

Vi si legge che «la diversità di sesso dei nubendi…non si dimostra più adeguata ali’ attuale realtà giuridica, essendo stata radicalmente superata la concezione secondo cui tale diversità è presupposto indispensabile, naturalistico, della esistenza del matrimonio». Appare così riconosciuta, nel quadro evolutivo dell’ordinamento stesso, l’inadeguatezza della normativa matrimoniale in vigore. A considerare seriamente dunque ben altro è il vero problema. Forte è il dubbio se sostenere l’estensione dell’istituto giuridico del matrimonio, con tutti gli effetti che esso comporta per le persone, in questa fase di rapida trasformazione della società umana non sia che una battaglia di retroguardia. A questo punto io non posso non riprendere il discorso che alcuni anni fa su queste medesime pagine aprii. Nella citata sentenza della Cassazione la parola chiave è «naturalistico». Sta qui il nocciolo del problema e di qui conviene partire. La vita umana, se propriamente umana, non è mai «naturale». Vicini come oggi siamo al tempo degli esami di maturità, mi si lasci fare una facile citazione da vecchissimo liceale. Tutti ricordano la. celebre apertura dell’ode foscoliana: «Dal dì che nozze e tribunali ed are diero alle umane belve d’esser pietose di se stesse e d’altrui…». La vita è umana in quanto non si riduce alla semplice natura, ai bisogni istintivi e alla lotta selvaggia per la sopravvivenza, ma si da forme sodali in sistemi di relazioni simboliche, di regole, di istituzioni come appunto i riti matrimoniali, le funzioni giudiziarie, le credenze religiose. Tutto questo è la dimensione «culturale», per cui nulla più è nell’uomo semplicemente «naturale». Con la dimensione culturale l’uomo entra nella storia, cioè in un gioco di azioni e di passioni, che continuamente lo spingono a trasformarsi. In questo gioco si sviluppa la conoscenza, il controllo relativo della realtà, e alla fine esplode con la scienza matematico-sperimentale l’irresistibile sviluppo tecnologico. La riproduzione della specie comincia a prospettarsi come sempre meno esclusivamente affidata alla semplice pratica naturale. La differenza di genere va perdendo importanza nella sua funzione genitale, riproduttiva, e in essa tende invece ad essere sempre più importante, se non in ultimo esclusiva, la funzione affettiva. Fin qui dunque sembrerebbe aprirsi nient’altro che il passaggio dal modello di coppia umana di generi rigorosamente diversi a quello di coppia liberamente composta, indifferente alla diversità o all’identità dei generi, il che è del tutto congruente con la perdita d’importanza della genitalità, poiché genitalmente siamo per lo più o maschi o femmine mentre nella personalità le combinazioni di maschilità e femminilità sono innumerevoli e dunque in senso propriamente sessuale siamo tutti diversi, non v’è uno di noi che sia come un altro. Oggi dunque la legislazione deve avere il coraggio di spostarsi dal tema della coppia e del «matrimonio» (che perfino nel nome ostinatamente si richiama alla funzione riproduttiva) a temi nuovi, d’avanguardia, adeguati all’altezza dei bisogni emergenti dell’individuo nella sodetà di oggi, anzi almeno del prossimo domani. Il fatto è che l’esistenza umana, costituitasi nel rapporto con altre esistenze, a cominciare da quella materna, è segnata dal disperato bisogno di superare ogni volta la sempre risorgente solitudine, dalla mai pienamente soddisfatta esigenza di accoglienza e di solidarietà. Come ognuno vede, la società di massa è quant’altra mai generatrice di solitudini. Anche a non tener conto del numero crescente di emarginati di ogni genere, praticamente estromessi dalla società, e a voler considerare solo coloro che in un modo o nell’altro vivono nella società, aumenta il numero delle persone sole. Perfino quando c’è una famiglia, sempre più questa si riduce a un genitore, per lo più donna, ed un figlio. Crescente è il numero delle persone anziane che, pur economicamente e físicamente autosufficienti, s’immiseriscono in un isolamento, che è drammaticamente paradossale perché parallelo ad altre migliaia e milioni di solitudini. S’impone la domanda provocatoria, oggi come qualche anno fa quando per la prima volta la formulai. Perché proprio ora, quando da una parte sempre più numerose e senza speranza sono le solitudini e dall’altraparte sempre più esaltata e piuttosto retorica è l’idea della solidarietà, ci si arrocca nell’ormai tardiva esaltazione della funzione sodale della coppia, continuando così ad accreditarle il più alto valore di solidale affettività, meritevole di tutela giuridica? Perché riservare tale privilegio alla coppia di generi diversi o anche di un medesimo genere, il che sembra per alcuni scandaloso e per i molti il massimo del progresso? Platone,in una sola riga del suo Simposio, svela la verità dell’amore. Eros, egli dice, «spoglia gli uomini di estraneità», dunque di reciproca indifferenza e magari di ostilità, e li «riempie di familiarità», ossia di quella intimità, per cui io mi sento di stare con altri come con me stesso, come «presso di me», senza diaframmi di finzioni. Se il significato più alto del nostro tempo è il diritto di ogni persona alla non conculcata pienezza della sua umanità, e se nell’assicurare ciò consiste la funzione più propria della società solidale, perché non riconoscere il diritto di ognuno a non essere impedito nel suo fondare con un altro o con altri, con o senza interesse sessuale, per molto o per poco, una convivenza affettiva, meritevole di riconoscimento pubblico e di tutela giuridica? Si aggiornino pure il concetto e la regolamentazione della vita di coppia, etero o omosessuale. Tutto ciò, per quanto importante, è tuttavia ancora vecchio. Si istituiscano invece, contro il dilagare delle solitudini, adeguati riconoscimenti e tutele per nuovi modelli di convivenze. Solo la costituzione e la diffusione di forti isole d’intimità», protette dal diritto, renderebbe possibile in una società sempre più atomizzata e controllata da meccanismi di potere opaco lo sviluppo di uomini «felici» della propria umanità.